Ci si curava degli animali da compagnia anche nell’antichità.
lunedì, Lug 19
Scritto da
Carlo Santini
Da anni si occupa di storia e comunicazione. Ha pubblicato un libro sulla ricostruzione dei fatti che portarono alla scoperta dell'eziologia acarica della scabbia, sulla quale cura un blog.
https://www.limbrogliaccioredi.com

Berenice è una città turistica dell’Egitto fuori dai tradizionali circuiti turistici. Per questo, conserva una barriera corallina pressoché intatta. Ma è anche stata uno dei più importanti porti romani in Egitto, anzi il punto terminale della via Hadriana. Fu un importante punto di transito  dei commerci con l’India, almeno per un paio di secoli.  Negli ultimi decenni sono stati condotti un gran numero di scavi nelle rovine romane che proprio grazie a questa loro estrema collocazione hanno conservato molto della loro passata gloria. Uno di questi scavi, condotto alla squadra della dottoressa Marta Osypinska dell’Accademia Polacca delle Scienze, ha scoperto un luogo al limite dell’incredibile: un cimitero per animali da compagnia.

Gli animali da compagnia a Berenice.

Un cimitero per animali da compagnia è costume dei nostri giorni e non ce ne sono tracce consistenti in altri contesti. Attenzione: non si tratta di una fossa comune in cui gettare carcasse di animali, ma 585 sepolture perfettamente corredate di ogni sorta di oggetto funebre. Alcuni animali erano avvolti in sarcofagi esattamente uguali a quelli degli esseri umani.

“Mai vista roba del genere” ha detto Michael MacKinnon, che è uno zooarcheologo dell’Università di Winnipeg che studia da anni il ruolo degli animali nel Mediterraneo. In realtà, il lavoro di scavo portato avanti dal centro-studi polacco ha rivelato molte altre abitudini degli egiziani di 2.000 anni fa.

Gli animali venivano curati come gli esseri umani.

In un gran numero di sepolture, c’erano ricchi corredi (molti gatti sono sepolti con preziosi collari) e gli animali erano adagiati a distanze prestabilite uno dall’altro, secondo una geometria spaziale predefinita.

Gatto con collare.
  • Ciaoamico

Una delle sepolture di gatto a Berenice. Da notare il collare in bronzo, oggetto non proprio usuale per un animale (foto: M. Osypinska)

Ma l’aspetto più interessante che la Osypinska e il suo gruppo di studio hanno riscontrato è che la maggior parte dei corpi erano stati curati come esseri umani. Molti animali portavano segni di fratture saldate e non pochi erano i segni lasciati sul corpo da infezioni regredite. Di più. Un gran numero di animali erano privi di dentatura, segno della loro età avanzata quando li aveva colti la morte. Questo è anche un segno delle  cure attente e meticolose. “L’alimentazione, per alcuni di loro, doveva per forza essere aiutata dall’uomo, non si sarebbero potuti alimentare da soli”.

E questi comportamenti non sembrano dovuti a un culto particolare del gatto come animale sacro, visto che nelle tombe ci sono anche cani e scimmie, o a intenti utilitaristici nel mantenerli in vita visto che stiamo parlando di un porto sperduto nel deserto dove anche avere acqua potabile era un problema. “La motivazione principale di quel trattamento doveva essere il puro ‘piacere’ di fare del bene al proprio amico animale. È qualcosa di molto simile a quello che facciamo oggi.” conclude la Osypinska.

Ma non tutti sono d’accordo.

Proprio a causa della particolare conformazione della città, porto di mare e quindi soggetto ad invasione continua di ratti e topi provenienti dalle imbarcazioni che vi attraccavano, altri ricercatori come Wim Van Neer del Royal Belgian Institute of Natural Sciences la pensano diversamente. “Le sepolture sono per la maggior parte di gatti: chi meglio di loro poteva difendere da ratti e topi gli abitanti di Berenice?”. La seguente sepoltura sarebbe stata una sorta di ringraziamento all’operato degli animali, anche se questo non spiega perché continuare ad alimentare per tanto tempo un gatto incapace di cacciare un topo.

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