,In questi ultimi anni, gli organi di informazione ci hanno fatto una testa grande come un pallone sulle decine di rimedi per prevenire l’infezione da Covid19. Prendi questo, poi quest’altro, fai 5 passi indietro, 3 in avanti, e patapim, patapam…
La Vitamina D si salva.
Tra tutti questi rimedi, quello relativo alla supplementazione di Vitamina D, è stato il più martellante, anche se non a torto.
In Italia stiamo molto all’aria aperta e pensiamo che questo sia più che sufficiente a proteggerci dalla carenza di questo micronutriente. Sarebbe vero anche questo, non fosse che da ottobre in poi e fino a marzo inoltrato, in gran parte del nostro paese si vive quasi come il resto d’Europa, chiusi in uffici e in case. Con una differenza: che nel resto d’Europa, la supplementazione di Vitamina D è praticata da tempo, più o meno da un secolo.
Quelli più attempati tra noi, si ricordano che ai nostri padri veniva fatto ingoiare del poco gradevole olio di fegato di merluzzo: ecco, lì stava la Vitamina D. Noi, che stiamo al sole anche meno dei nostri genitori, l’olio di fegato di merluzzo non sappiamo neanche cosa sia.
Come funziona la Vitamina D nell’uomo e negli animali
Il metabolismo della Vitamina D negli gli animali è praticamente lo stesso che in noi umani. Senza mettermi a tenere lezioni di biologia – che peraltro non sarei neanche in grado di tenere, nel nostro organismo esiste una sostanza che si chiama 7-deidrocolesterolo. Questo sterolo (anche il colesterolo è uno sterolo, ad esempio) entrato a contatto con i raggi solari attraverso la pelle, si trasforma in Vitamina D e comincia il suo percorso in giro per il sistema circolatorio. Questo percorso la porta a trasformarsi in tanti sotto-prodotti che rinforzano ossa e denti, oltre a presiedere ad una serie pressoché infinita di processi (quelli che regolano il quantitativo di calcio e fosforo nel sangue, ad esempio): molti di questi ancora neanche li conosciamo nel dettaglio.
Ora, se noi umani, riusciamo a catturare la Vitamina D esponendoci al sole per qualche decina di minuti al giorno, i nostri amici animali hanno più di qualche problema a farlo: il più grande si chiama ‘pelo’. Malgrado le sciocchezze che si leggono su internet, leccarsi il manto non basta ad un gatto o ad un cane per assumere la Vitamina D che rimane imbrigliata sopra.
In passato questi problemi cani e gatti non li avevano. I gatti sono carnivori d’elezione e si alimentavano di reni, fegato e delle restanti interiora delle prede, tutti organi ricchi di Vitamina D; i cani, che sono onnivori, integravano spesso la loro dieta, di base carnivora, con elementi vegetali, in cui un po’ di Vitamina D2 comunque è presente. Da quando abbiamo portato cani e gatti nelle nostre case, oltre al loro stile di vita ne abbiamo modificato anche l’alimentazione; e nel caso della Vitamina D, in peggio.
Come risolvere?
Certo, non possiamo metterci a fare analisi del sangue a Fido o Fufi, ma in realtà non servono: sappiamo già che di Vitamina D sono carenti. E questo sembra vero soprattutto per gli animali di grande taglia, visto che i cani di grandi dimensioni hanno più problemi scheletrici di quelli di media e piccola taglia. D’altronde, non succede lo stesso con noi umani?
Segnatevi questo link: è una ricerca in lingua inglese ma, con un buon traduttore online, si riesce a capire ogni dettaglio. Se volete il pdf, è qui.
È un ottimo modo per conoscere l’esatto metabolismo della Vitamina D in noi umani e soprattutto per cogliere le differenze tra il modo in cui vivevano i nostri amici animali prima di venire a tenerci compagnia e quello attuale.
Per concludere, quando scegliete l’alimento per il vostro animale, controllate anche che vi sia compresa della vitamina D3: non guasta.